i bimbi si sentono inadeguati
Di Maria Teresa Martinengo
Torino
"Mamma, sono negato, non capisco. Matematica è il mio incubo. Mi sento stupido». Quanti genitori riconoscono il proprio figlio in queste affermazioni? Tanti, probabilmente, perché tanti sono i bambini con un mediocre rapporto con i numeri, iniziato addirittura in prima elementare con un insegnante non attrezzato per sollecitare le abilità innate, dimostrate dalla ricerca psicologica.
A testimoniare una diffusa condizione di disagio è la ricerca «Atteggiamenti e credenze dei bambini nei confronti della matematica», condotta su 780 allievi di quarta in 17 scuole primarie di Torino e provincia: il 25% dei piccoli intervistati considera la materia «bestia nera», la meno amata, il 78% fa esperienza di «sentirsi bloccato e non sapere come proseguire» di fronte a un esercizio che crea difficoltà. Un terzo di questo 78% vive in maniera permanente nel panico quando c’è matematica. Per il 74%, poi, l’esperienza di essere bloccati si accompagna ad ansia e ad agitazione. L’indagine è stata curata dagli psicologi di TangramCentro Studi Processi e disturbi di apprendimento con il Centro di Psicologia Ulisse (specializzato in relazioni familiari ed educative). Le trenta domande del questionario - spiega la dottoressa Alessandra Petrolati - hanno indagato gli aspetti emotivi e le rappresentazioni che i bambini hanno della matematica, il perché di certe credenze che incidono sulla rappresentazione e la percezione di sé». Nonostante solo il 25% dichiari di non amare la materia, dal 78% che parla di malessere di fronte a un compito «è possibile ipotizzare che molti bambini sentano di non avere abilità, di non essere in grado di elaborare strategie per gestire la situazione. È come se pensassero che non c’è niente da fare».
Ed ecco l’ansia, l’agitazione. Un terzo dei bambini somatizza con mal di pancia, sudorazione. «Il “sentirsi bloccato” e il malessere, quindi una reazione emotiva intensa, fa supporre - riflette il dottor Mauro Martinasso, direttore del Centro Ulisse - che l’insuccesso in matematica veicoli per il bambino un significato che ha a che fare con un giudizio in merito alle proprie capacità e al proprio valore sia ai propri occhi sia a quelli degli insegnanti o dei compagni. E un’esperienza di questo tipo ripetuta può avere ripercussioni nella direzione di una ridotta autostima».
Una condizione che trova conferma in quel 50% di bambini che pensa che di fronte a un problema «la soluzione si trova subito o mai più». In pratica, la competenza in matematica come «abilità stabile», che si ha o non si ha. Non averla genera sofferenze. «Più significativo - prosegue la dottoressa Petrolati - è che oltre il 50% dei bambini pensa che “andare bene in matematica significa essere molto intelligente”». L’insuccesso, dunque, mette in forse le capacità intellettive globali. «Questi dati - conclude la dottoressa Cinzia Casini, psicologa impegnata con docenti e genitori nelle scuole - parlano del grande vuoto che esiste nel percorso formativo degli insegnanti, mostrano la necessità di lavorare per modificare le credenze sull’intelligenza e orientare l’azione in modo che le abilità matematiche siano vissute come modificabili e soprattutto in evoluzione. Non come un destino segnato.
La ricerca psicologica dice che “siamo tutti portati per i numeri” fin dalla nascita, ma sono fondamentali le opportunità che l’ambiente offre». La ricerca sarà presentata sabato alla scuola Casalegno, nel seminario «Intelligenza numerica e discalculia» con Daniela Lucangeli, ordinario in Psicologia dello Sviluppo dell’Università di Padova, tra i massimi esperti italiani di discalculia.
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